Perchè un iscritto decide di abbandonarci e cosa fare per evitarlo

Por MDirector
5 mins

Uno dei fattori più importanti quando progettiamo una campagna di email marketing è la qualità del database al quale inviamo. Per questo è importante concentrare i nostri sforzi nella captazione di lead interessati ai prodotti e servizi che offriamo.

In ogni caso, è normale che nel tempo si producano cancellazioni. Ciò che non viene fatto, però, è fermarsi ad analizzare i motivi di questi abbandoni. Ci sforziamo per ampliare il nostro database invece di provare ad evitare che i nostri iscritti smettano di seguirci.

Per far ciò, la prima cosa da fare è identificare le metriche che ci diano piste su ciò che sta succedendo. In questo caso dovremmo concentrarci principalmente sul tasso di cancellazione, i feedback loop e il tasso di bounce.

Il tasso di bounce come indicatore di possibili fughe di iscritti

Per iniziare, il tasso di bounce o, bounce rate, ci dice la percentuale di email che non sono arrivate a destinazione. Esistono due tipi di bounce:

In entrambi i casi, è interessante avere delle strategie per far fronte a queste situazioni. Ad esempio, nel caso dei soft bounce potremmo pianificare un invio successivo che ci possa aiutare a identificare il problema e, una volta risolto il problema, potremmo inviare un messaggio a questi utenti spiegando loro la situazione.

Il tasso di abbandono, la metrica che a nessuno piace guardare

L’informazione che otteniamo con il tasso di abbandono si riferisce alla percentuale di registrazioni che hanno fatto click sul link di cancellazione.

Dall’analisi del tasso di cancellazione possiamo estrarre esattamente chi sono quegli utenti che, per varie ragioni, hanno deciso di non interessarsi più alle nostre comunicazioni.

Questi utenti ormai sono andati via, è quasi impossibile recuperarli, ma dalle loro azioni possiamo ottenere dati importanti, capire quali sono le ragioni dell’abbandono e così prevenirle.

Se sappiamo, ad esempio, che un utente ci ha abbandonato però non ha aperto gli ultimi 3 messaggi che gli abbiamo inviato o che non ha mai fatto click su nessuno dei link della mail o, addirittura, che dopo aver cliccato ed essere arrivato alla landing page corrispondente, l’ha abbandonata dopo qualche secondo, possiamo avere più informazioni e cambiare la nostra strategia.

Se vediamo che, ad esempio, un utente non ha aperto gli ultimi 3 messaggi che gli abbiamo inviato, possiamo realizzare un invio promozionale curando l’oggetto della mail per fare in modo che la apra o, una soluzione ancora più drastica, sarebbe quella di cancellarlo direttamente e inviargli una mail indicando i motivi per cui l’abbiamo fatto e fornendogli delle opzioni per riattivare la sua iscrizione.

La cosa interessante è che analizzando lo storico del comportamento dell’utente, operazione abbastanza semplice da realizzare se si usa una piattaforma di emailing come MDirector, possiamo rimediare a problemi che, a posteriori, non avrebbero soluzioni.

Il feedback loop o la qualifica di spam

Infine, il feedback loop (complaint rate) è la più pericolosa di tutte le metriche dal momento che indica quando un utente ha identificato i nostri messaggi come spam, un atto che può pregiudicare la nostra reputazione. Di fatto, se questo tasso è alto, il nostro provider di email marketing può arrivare a bloccare l’account e a classificarci come spammers.

Per questo è importante fare in modo che questo tasso sia basso e migliorare così la nostra reputazione. Per far questo è importante tenere conto dei seguenti aspetti:

Per finire, è importante ricordare che quanto più grande è il database, più sarà importante segmentarlo in relazione alle informazioni che otterremo dalle differenti metriche.

 

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